Quando si parla di business design, il pensiero di molti va quasi automaticamente alle fasi di progettazione iniziale di una startup, quando persino lo stesso modello di business deve ancora essere definito e validato.
In realtà, il business design è una metodologia, e al contempo un approccio, che non è limitato al perimetro delle nuove iniziative imprenditoriali, ma può applicarsi anche a contesti aziendali consolidati.
È quanto è accaduto nel 2014 in un laboratorio Twenty4You® che ha visto come protagonista Italcementi, storica azienda italiana, fondata nel lontanissimo 1864, da sempre attiva nel settore dei materiali da costruzione.
Nel 2014 Italcementi non poteva certo definirsi una nuova realtà imprenditoriale: con 150 anni alle spalle, aveva raggiunto un fatturato superiore ai 4 miliardi di euro con oltre 17.000 dipendenti (oggi Italcementi è 5° produttore di cemento al mondo, ed è controllata dal gruppo tedesco HeidelbergCement).
Eppure, un laboratorio focalizzato sul business design ha avuto la capacità di far emergere nuove opportunità, rimettendo in discussione modelli di commercializzazione superati e inefficaci nel caso di alcune specifiche categorie di prodotto/servizio.
Vediamo più da vicino i punti più rilevanti del laboratorio, partendo dagli obiettivi, i risultati, gli impatti.
Obiettivo del laboratorio: Trasferimento di metodologie e competenze relative alla creazione e progettazione del business a beneficio del team ingegneristico dell’area di ricerca e sviluppo interna di Italcementi.
Come in ogni azienda con una storia importante e consolidata alle spalle, progetti di questo genere comportano non solo interventi a beneficio dello “skill profile” delle persone, ma anche interventi che vanno a toccare la cultura aziendale. Nel caso di Italcementi, una cultura aziendale di stampo fortemente tecnicistico.
Risultati finali: La ricerca delle soluzioni al problema aveva consentito di utilizzare gli strumenti del business design che nel corso del laboratorio Twenty4You® erano stati illustrati e fatti applicare ai partecipanti.
In particolare, grazie al Business Model Canvas il team aveva lavorato sulla ricerca di possibili modalità di sfruttamento economico delle proprietà intellettuali inutilizzabili nell’ambito del “normale” modello di business di Italcementi.
Parallelamente, il team aveva lavorato per la definizione di KPI applicabili per i-lab, in modo da disporre di parametri utili in un processo decisionale, evitando così di allocare budget su potenziali prodotti che difficilmente sarebbero stati commercializzabili.
Impatti: Il lavoro in team nell’ambito del laboratorio Twenty4You® aveva consentito di utilizzare gli strumenti del business design per creare modelli di business capaci di monetizzare l’archivio di brevetti inutilizzati.
Questi modelli di business sarebbero stati incorporati in nuove società distinte da Italcementi ma integrate nel gruppo, in sostanza startup interne create appositamente per portare sul mercato prodotti derivanti dai brevetti non sfruttati.
Ciò avrebbe consentito di sviluppare opportunità concrete di business incrementale, tirando fuori dal “cassetto” i brevetti inutilizzati, senza distogliere l’attenzione della rete commerciale di Italcementi dal core business consolidato.
Avviamento del laboratorio
Scenario, team e metodologia
Italcementi si era rivolta a Kilometro Rosso, polo di innovazione per imprese basato a Bergamo, per attivare dei processi di formazione interna utili a consentire una integrazione con cultura e competenze più propriamente di business.
Kilometro Rosso aveva individuato Twenty4You® come soluzione innovativa ed efficace per le esigenze espresse da Italcementi.
Era stato così organizzato un team dedicato Twenty4You® che avrebbe incluso una decina tra manager e ingegneri chimici, dell’area di ricerca e sviluppo di Italcementi, area denominata i-lab, che avrebbero lavorato insieme a designer, formatori ed esperti esterni.
Manager e ingegneri dotati di rilevanti skill tecnico-specialistiche ma carenti in termini di skill attinenti allo sviluppo e gestione del business.
Il Laboratorio Twenty4You®, progettato per i-lab era stata centrato sul business design, con particolare riferimento al template strategico noto come Business Model Canvas che era stato sviluppato da Alexander Osterwalder nel 2010 con la collaborazione del prof. Yves Pigneur dell’Università di Losanna.
Il Business Design è un’area specifica del design che applica un approccio all’innovazione incentrato sulle persone. Applica i principi e le pratiche del design thinking per aiutare le organizzazioni a creare, comunicare, distribuire e catturare valore. Dunque, il Business Design applica il Design Thinking con lo scopo di progettare modelli business migliori.
La difficoltà maggiore sorgeva nel fatto che i partecipanti di Italcementi, quasi tutti ingegneri chimici, avevano una formazione estremamente lontana da discipline attinenti al design e al business.
Il processo portato avanti nel laboratorio Twenty4You® prevedeva una formazione che avrebbe integrato le competenze dei partecipanti mantenendo però una focalizzazione sui problemi e sulle necessità concrete dell’azienda, evitando quindi un approccio puramente teorico.
Un approccio, in sostanza, di learning by doing.
Questo approccio avrebbe potuto arricchire le soft skill degli ingegneri di Italcementi fornendo al contempo risposte a problematiche reali dell’azienda.
Il processo
Prima fase: analisi del contesto
Questa prima fase aveva consentito di comprendere e mappare i processi interni di innovazione di Italcementi. E di giungere sorprendentemente ad un primo importantissimo insight.
Pur non essendo clienti diretti dell’azienda, un ruolo fondamentale nei processi di ricerca e sviluppo era ricoperto da rilevanti studi e società di architettura che si rivolgevano ad Italcementi per ottenere un prodotto (cemento) che potremmo definire “tailor made”, ovvero con caratteristiche chimico-fisiche ben specifiche e da utilizzare per “quel” progetto architettonico.
Questi studi di architettura si inserivano quindi come partner di Italcementi nel suo modello di business, da una parte stimolando lo sviluppo della value proposition più idonea, dall’altra fungendo da canale di contatto con i clienti veri e propri (grandi imprese edili).
Le richieste provenienti da questi studi stimolavano il team di i-lab nel dar vita a sempre nuove proprietà intellettuali da brevettare e sulle quali sviluppare la successiva produzione.
Un ulteriore aspetto positivo, derivante dalla relazione con questi partner ed emerso durante la fase di analisi, era che il prodotto di Italcementi beneficiava della visibilità derivante dall’essere stato creato e utilizzato nell’ambito di progetti architettonici di rilevanza e notorietà internazionale.
Questa connessione tra il prodotto customizzato nato nei laboratori di i-lab e i progetti dei partner veniva a quel punto intelligentemente sfruttata dalle funzioni di marketing e comunicazione di Italcementi.
Seconda fase: definizione del problema
L’attività di ricerca di i-lab generava continuamente nuovi materiali, con un approccio sperimentale, ma non tutti questi nuovi materiali diventavano poi soluzione per il cliente e quindi si trasformavano in prodotto fornito in importanti quantità per le costruzioni architettoniche.
Non era raro allora che nell’i-lab nascessero materiali che, non corrispondendo alle effettive necessità o alle richieste degli studi di architettura, anche se brevettabili o brevettati restassero fermi nel “cassetto”, senza entrare mai in effettiva produzione.
Tra questi anche “invenzioni” interessanti, quali una miscela di cemento fotoluminescente, capace di catturare la luce durante il giorno per restituirla al buio.
Ma in mancanza di un cliente, anche questo brevetto come tanti altri era destinato a rimanere chiuso nei cassetti dell’i-lab. Esisteva poi una seconda ragione per questo mancato sfruttamento commerciale.
La rete vendite di Italcementi era impostata per massimizzare le quantità vendute, con obiettivi definiti in termini di tonnellate di cemento, mentre alcuni brevetti nati nell’ambito della sperimentazione di i-lab si prestavano a produzioni molto più limitate, misurabili in kilogrammi, per le quali sarebbe stato difficile ottenere il necessario impegno della rete vendite per portare queste innovazioni sul mercato.
Nel laboratorio Twenty4You® progettato per Italcementi la domanda che era emersa era quindi: è possibile valorizzare questo archivio di brevetti inutilizzati? è possibile commercializzare prodotto, derivante da questi brevetti, per il quale non era però facile coinvolgere la rete vendite?
L’applicazione di metodologie di design in questa fase, del tutto nuove per i partecipanti dell’i-lab dato il loro profilo professionale, aveva anche consentito loro di aggiungere ulteriori importanti domande, ancora più basilari.
È economicamente corretto portare la sperimentazione sino in fondo, arrivando a disporre di brevetti a fronte dei quali non c’era alcuna specifica richiesta da parte di un cliente, e quindi senza alcuna certezza di possibile commercializzazione?
Quali KPI fissare per decidere se procedere in questi casi fino al brevetto, considerando l’incertezza dell’output economico e i costi necessari per lo sviluppo?
Considerazioni finali
Lezioni da Twenty4You® per l’advanced design
L’esperienza sviluppata durante il laboratorio Twenty4You® per Italcementi ha messo nuovamente in evidenza alcuni importanti learning già emersi durante altri laboratori Twenty4You®. Learning che sono stati poi trasmessi nell’approccio improntato all’advanced design proprio di Skyrunner.
(1) soltanto la costruzione di team cross-funzionali e multidisciplinari permette la generazione di idee creative davvero capaci di fare la differenza, perché consente di guardare ai problemi sotto prospettive radicalmente nuove, differenti da una visione per silos del proprio ruolo o funzione.
(2) un lavoro iniziale di analisi e mappatura è fondamentale, come dimostrato da questo caso nel quale l’insight di partenza (il ruolo driver degli studi di architettura) è emerso proprio in tale fase
(3) la ricerca di soluzioni non deve essere limitata da quei vincoli che appaiono dettati dalla struttura organizzativa ma che in realtà si dimostrano dettati da una prospettiva rigida. Nel nostro caso, l’idea di uno sfruttamento commerciale dei brevetti che non passi dalla organizzazione di vendite dell’azienda sarebbe sembrato a prima vista impensabile (come vendere qualcosa senza coinvolgere chi è preposto alla vendita?).
Contributor: Gianluca Landone
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